Natura morta by Josef Winkler

Natura morta by Josef Winkler

autore:Josef Winkler [Winkler, Josef]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788884203830
editore: Forum
pubblicato: 2007-07-14T22:00:00+00:00


Li mortacci tua

«Sono tornato ai colli, ai pini amati

E del ritmo dell’aria il patrio accento

Che non riudrò con te,

Mi spezza ad ogni soffio…»

IL GIOVANE PESCIVENDOLO RASATO A ZERO, soprannominato dai suoi colleghi di lavoro Nazi-Skin, gettò il coltellino da pesce leggermente ricurvo e insanguinato nella cassetta bianca di polistirolo piena di sardine, levò la mano rivestita di un guanto di plastica arancione in un saluto hitleriano, e gridò «Ail Itler!», quando vide i due ragazzi di vita marocchini rivolgersi a un cliente e chiedergli mille lire. In un primo momento Principe apostrofò Piccoletto dandogli del «Bambino stupido», perché si era procurato una ferita alla testa con la pala rotante del ventilatore montato sopra il banco del pesce, poi però, affusolando le labbra, gli impresse un bacio sulla guancia disseminata di lentiggini sotto la ferita, e altrettanto fece Frocio; il grasso pescivendolo avrebbe anche voluto strappare il cerotto dalla ferita, ma fu fermato da Piccoletto, che si ribellò con una smorfia di dolore. Mentre il figlio della donna che vendeva fichi, quel giorno con una maglietta sulla quale campeggiavano i Beatles, si appoggiava alla punta di un pesce spada esposto in vendita, aspettando con noncuranza i clienti e premendo tra le labbra il crocifisso d’argento, Frocio gli infilò una mano nei pantaloni in mezzo alle natiche, e alla risata canzonatoria del ragazzo reagì facendo boccacce. Vedendo passare davanti al banco del pesce una giovane cinese in pantaloni di nylon color pesca, Piccoletto addentò una pesca bianca, sollevò la testa roteando gli occhi e si carezzò una natica.

Quando il figlio della donna che vendeva fichi con il coltellino da pesce ricurvo aprì il ventre a una carpa che già puzzava di marcio, la bocca del pesce lasciò gocciolare un liquido di bile giallognolo. Pulendo il pesce, qualche scaglia finì sul dorso della mano scura della cliente, una nera. Frocio raddrizzò nella cassetta di polistirolo un grosso pesce che già emanava un leggero odore di decomposizione, rimise a posto la testa che si fletteva, e si appoggiò, incrociando le braccia, al bordo delle cassette di polistirolo accatastate, piene di pesce e di ghiaccio, ripetendo automaticamente «Vuole? Vuole? Dica! Vuole!» senza guardare i passanti. Un gruppo di adolescenti zingari con al polso succhiotti di plastica di svariati colori schizzò d’acqua con pistole le giocattolo il volto di alcune ragazze zingare in giro per il mercato. Un giovane zingaro si strofinò il ginocchio quando alcune ragazze zingare — anche dai loro grandi orecchini dorati pendevano piccoli succhiotti di plastica variopinti — gli passarono davanti stringendosi al seno i loro bambini. Davanti ai banchi del pesce, proprio sul ciglio della strada, con dei gessetti colorati un pittore aveva disegnato sull’asfalto un san Sebastiano trafitto da frecce grondanti enormi gocce di sangue. Le mani del santo, in alto sopra la testa, erano legate a un albero con delle corde. Accanto ad alcuni gessetti spezzati di più colori si trovava una cartolina con il San Sebastiano di Guido Reni, che il pittore aveva utilizzato come modello. Quando un



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